La storia del mandylion che giunge a Costantinopoli il 15 agosto
del 944 è ben documentata, anzi celebrata ancor oggi ogni
anno il 16 agosto a Costantinopoli, giorno in cui venne definitivamente
sistemato nella chiesa di santa Maria di Blacherne (vedi nella foto
l'angolo in alto a sinistra a pag. 12). Di mezzo ci sono stati addirittura
una guerra e un assedio ad Edessa guidati da Giovanni Curcas generale
dell'imperatore Romano I Lecapeno (920-944), contro i musulmani.
Fortunatamente si giunge ad un accordo: vengono restituiti tutti
i prigionieri e versati 12 mila corone d'argento. Una bellissima
miniatura ci fa vedere Gregorio il Referendario, arcidiacono e referndario
di Santa Sofia di Costantinopoli, membro esperto della delegazione
imperiale per il ritiro del Telo Acheiropoietos. Il telo raffigurato
presenta l'immagine di Cristo ed è molto lungo. Gregorio
fu il primo "studioso" della Sindone, e il primo illustratore
della più difficile immagine che la storia ricordi. Presenta
in una omelia il mandylion o volto di Edessa all'imperatore Romano
I Lecapeno, al patriarca di Costantinopoli Teofilatto, alla Corte
Imperiale e a una immensa folla. Il manoscritto è nella Biblioteca
Vaticana.
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Gregorio descrive così il mandylion che chiama sindone rifacendosi
evidentemente ai vangeli:
Dall'omelia del 16 agosto 944 dal pulpito di Santa Sofia:
impronta impressa unicamente dai sudori d'agonia
del volto del Principe della Vita, che sono colati come rivoli di
sangue, e dal dito di Dio. Sono stati essi [i sudori] gli ornamenti
che hanno colorato la vera impronta del Cristo. E l'impronta, dopo
che essi sono colati, è stata impreziosita dalle gocce del
suo costato.
Le due cose sono colme d'insegnamenti: qua sangue e acqua, là
sudore e immagine. Quale equilibrio delle realtà, poiché
esse [provengono] da un solo e unico [essere].
Ma vi si vede anche la fonte d'acqua viva ed essa disseta insegnando
che i sudori artefici dell'immagine, la quale fa scorrere il fianco
della natura [comune] a ciascuno, l'hanno prodotta [l'impronta].
A poco a poco, ci si abitua a qualcosa che non si era mai veduto
prima e di cui occhio e mente non avevano esperienza.
Un'immagine non delineata sui bordi, che sfuma in niente, che se
ti avvicini via via impallidisce e scompare e se ti allontani riemerge;
un colore estenuato, pallidissimo, che non sapresti definire, che
quasi sconfina dalla scala cromatica; due lunghe impronte di un
corpo spogliato, di fronte e di schiena, così stranamente
e illogicamente accostate; una quantità di segni evidentemente
sanguinolenti, stampati anch'essi sulla pelle di una suprema immobilità
cadaverica.
prima di sprofondare in quella lunga contemplazione
senza parole che è sempre, per chiunque, la prima osservazione
della Sindone. Per tutti, il primo impatto con la Sindone è
un lungo guardare in un lungo silenzio.
Chiunque abbia visto la Sindone di Torino sente come queste parole
non possono essere che dipendenti dalla visione di quel telo. E
siamo nel 944!
Robert de Clari, cavaliere al seguito della IV crociata, proveniente
dalla Piccardia, scrive nella sua storia della conquista di Costantinopoli
(è uno dei primi padri fondatori della langue d'oil come
lingua nazionale francese): la città fu saccheggiata due
volte: il 17 luglio 1203 e il 12 aprile 1204. Trai i due saccheggi
de Clari può contemplare la Sindone ("sidoine"):
"
c'è un altro monastero chiamato Santa Maria
delle Blacherne, dove stava la Sindone in cui fu avvolto Nostro
Signore che ogni venerdì si alzava tutto dritto, così
che se ne poteva vedere bene la figura
" e conclude: "
Nessuno, né Greco né Latino conosce cosa avvenne della
Sindone dopo il saccheggio della città", quello cioè
del 12 aprile 1204.
"Et entre ches autres en eut un autre des moustiers que on
apeloit medame Saint Marie de Blakerne, ou li sydoines la ou nostres
sires fu envelopes, i estoit, qui cascuns des venres se drechoit
tous drois, si que on i pooit bien veir le figure de nostre seigneur,
ne ne seut on onques ne Griu ne Franchois que chis sydoines devint,
quant le vile fu prise".
A Costantinopoli dunque non si faceva vedere solo il volto come
ad Edessa ma tutta (e solo però) l'immagine frontale, come
attestano anche diverse miniature, la più rinomata delle
quali è quella del Codex Pray (1192) di Budapest.
Molto nota è anche quella di Salonicco. La sindone veniva
piegata in due e mostrata verticalmente alla gente. La parte dorsale
veniva così occultata, probabilmente per pudore nei confronti
della corporalità di Cristo.
Da notare nel dipinto come sia la mano destra che si sovrappone
alla sinistra e come la mano abbia solo quattro dita: dati questi
sicuramente legati a una previa visione dell'attuale sindone.
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