La Sindone rimane sempre sorprendente.
Nessuna prova scientifica si dimostra schiacciante. Insieme però
convincono o lasciano perplessi.
Ad ogni uomo è comunque lasciata dalla sindone stessa la
libertà di pronunciarsi in un modo o in un altro. Perché
la scienza non spiega nemmeno come si sia formata l'immagine e quindi
alla fine non riesce obiettivamente né a negare né
ad affermare perentoriamente.
L'uomo della Sindone ti lascia tutta la tua libertà pur rivolgendoti
sempre la domanda cruciale.
Ora, sgombro l'animo da preoccupazioni tecniche e scientifiche,
contempliamo il volto che riassume e svela la Persona.
Ci troviamo di fronte a un volto dai molteplici e opposti
sentimenti di dolcezza e forza, di nobiltà e umanità,
di serenità e tristezza, di vitalità pulsante sotto
le sembianze della morte.
È il Cristo morto e vivo, pieno della maestà del giudice,
dell'eroismo del martire, della dolcezza dell'amico: è il
Cristo della passione e del Calvario, il Cristo trionfante sulla
morte, il Cristo dell'amore, della misericordia e della vita eterna
(Noguier de Malijay).
Sergio Quinzio:
"Il volto della Sindone è tragicamente bello. C'è
un criterio di verità interno, come ci sarebbe per un quadro
bellissimo di cui si discutesse se attribuirlo o no a Raffaello.
Il senso estetico non ha bisogno di sicure attribuzioni per ammirare
il quadro, e la fede non ha bisogno di dimostrare il miracolo per
venerare la Sindone.
In fondo, è bene che sia cosi, che si tocchi con mano che
non tutto è riducibilea comprovate certezze notarili.
La Sindone è un impressionante documento della fede cristiana,
alla quale, per trarre alimento, basta e avanza che la scienza si
palesi discorde e quindi incompetente a decidere; proprio come alla
non fede basta e avanza, per trarre alimento, che in nome della
scienza si possa contestare la tradizione.
Non sappiamo quale fosse l'aspetto fisico di Gesù. Da sempre,
due opposte teologie l'hanno preteso splendidamente alto, forte
e bello, come si conviene alla gloria del Figlio di Dio, oppure
miseramente basso, debole e brutto, come si conviene alla perfezione
della sua umiliazione per amore degli uomini: servo sofferente del
Signore che assume su di sé tutte le nostre miserie.
Dolorosamente mi conforta che centinaia e migliaia - o addirittura
milioni, come si dice - di credenti siano attratti dai poveri e
ormai quasi consumati segni del Signore crocifisso, del suo corpo
orribilmente piagato, del suo volto insanguinato e tumefatto, come
li rivelano con intensa evidenza le riproduzioni fotografiche di
dettagli nella mostra didascalica, parallela all'ostensione, che
spiega come guardare la Sindone.
Della fede cristiana infatti si possono dire infinite cose ma resta
soprattutto sconcertantemente vero che al suo centro sta il mistero
della sofferenza.
Che io sappia, non esiste nella storia delle religioni nulla di
paragonabile a questa centralità e paradossale positività
del dolore, questa strepitosa e folle attribuzione della sofferenza
all'unico Signore.
Sebbene questa verità cristiana possa essere, e di fatto
sia stata spesso, vissuta in una prospettiva di dolorismo ascetico,
è ben lontana dall'essere soltanto questo.
Il crocifisso della Sindone suscita anzitutto pietà, non
è un eroe da ammirare.
Il dolore ce lo rende amabile, la positività del suo dolore
consiste anzitutto in questo.
Le impronte del cadavere del suppliziato ci mostrano realisticamente
la croce. La croce che ben presto, nella storia del cristianesimo,
è stata sublimata e velata dalla glorificazione.
Da patibolo che era è diventata la croce greca a braccia
uguali simbolo dell'intersezione fra orizzontalità e verticalità,
emblema di pienezza cosmica: è stata ricoperta d'oro e di
gemme preziose, i suoi rami sono fioriti in forme lobate, trilobate
o variamente composite; è stata appesa ai petti decorati
degli uomini di mondo e adesso pende perfino al collo di molti giovani
hippy.
Prova, in qualche modo, della vitalità di questo segno di
morte, e dunque testimonianza cristiana comunque.
Ma gli occhi che guarderanno con un minimo di pietà il crocifisso
della Sindone scopriranno la croce vera, la verità della
croce che è il cuore della fede cristiana".
Sergio Quinzio,
il Giornale, giovedì 31 agosto 1978
GIOVANNI MINOLI:
"Sono cresciuto con la Sindone in testa.
poi la
Sindone è sparita dai miei interessi, è diventata
quasi un mito rimosso dell'infanzia. Non fu una mia idea occuparcene
a "Mixer", fu di Stefano Rizzelli.
Alla Sindone ci accostammo più per interrogativi che
per certezze, la raccontammo come un mistero che percorreva la storia
fra scienza e devozione popolare.
L'anno scorso l'incendio: è stato sconvolgente. Sembrava
una beffa tremenda, ma forse questa continua fuga dalla distruzione
è nel destino della Sindone. Anzi è un pezzo importante,
decisivo, del suo fascino. A seguirla con attenzione la Sindone
ti porta - o riporta - dove vuole lei".
Dal SALMO 26
Di te ha detto il mio cuore:
"Cercate il suo volto";
il tuo volto, Signore, io cerco.
Non nascondermi il tuo volto.
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